Cine Food
Il 4 settembre 2021, l’Anteprima del MalatestaShort Film Festival 2021 ci ha portati dritti in Asia, fino al paese del Sol Levante. Nella splendida cornice della Rocca Malatestiana di Cesena, questo evento speciale ha unito cibo, fotografia e film orientali in un tentativo di portare il cinema anche fuori dalla schiera degli appassionati, allargandone confini e pubblico.
Una chiacchierata con la fotografa e documentarista Laura Liverani, che ci ha portati in Giappone, grazie ai suoi numerosi reportage che le hanno permesso di catturare attimi di un paese fotogenico, complesso ed affascinante, cogliendone i tanti aspetti sociali, culturali e popolari, dalla minoranza Ainu alla comunità Zentai;
una cena giapponese, preparata dal ristorante di Forlì “J Soul-Anima del Giappone”;
una carrellata di cortometraggi per la prima serata di concorso dedicata a film internazionali provenienti dall’Eastern Asia:
questi gli elementi di un connubio perfetto per scoprire con la vista e con il gusto questo continente e la sua affascinante cultura.
Dall’universo iperbolico dei manga a quello talvolta surreale degli anime, fino agli spazi fantastici e coloratissimi dei videogame. Così nuove sfumature e inaspettati scenari ci vengono svelati dal cinema asiatico e dalla cultura orientale tout-court. Immagini in primis, ma anche racconti, tradizioni, cibi e attitudini.
Dall’Asia riceviamo ancora oggi numerose suggestioni sulla sua storia, sui suoi paesaggi e sulla sua arte, così come sulle sue atmosfere e sui suoi gusti. Basta pensare ai sapori ormai familiari, anche se talvolta lontani dagli originali, o allo spirito legato alla calma e alla forza della natura, evocata – tra gli altri riferimenti - anche nella celebre rappresentazione de "La grande onda di Kanagawa" di Katsushika Hokusai a minaccia dell’umanità, con il Monte Fuji che assiste al compimento del dramma, stagione dopo stagione.
La Rocca Malatestiana è stata luogo di sorrisi e di incontri: tra Oriente e Occidente e tra appassionati e curiosi. Sicuramente, l’anteprima per la quinta edizione del nostro festival ha dimostrato perfettamente l’idea dietro al suo titolo: All You Can See!

Film proiettati:
Brown Night, di Mingyang Li, 15’, 2021, fiction - China
Wild Cherry, di Yoshi Kuremura, 14’56’’, 2021, fiction - Japan
Where the Leaves Fall, di Xin Alessandro Zheng, 15’, 2021, fiction - Italia/China
Super - Soup di Iacopo Fulgi e Valerio Maggi, 6’45’’, 2021, fiction - France/Korea
Follow, di Yoh Komaya, 15’’, 2021, fiction - Japan
Shivering Wall, di Yu Chin Tseng, 10’, 2021, experimental - Taiwan
Wuqiao Circus, di Lukas Berger, 14’, 2021, documentary - Germany/China
Ju-bin, di An sun-young, 19’35’’, 2021, fiction - Korea
Cine Concerto
La serata d’anteprima dell’edizione 2021 del Malatesta Short Film Fest, ha presentato agli spettatori la sonorizzazione live di 5 film muti dell’avanguardia dadaista, grazie alle composizioni dal vivo dei Camera66 nell’ambito del progetto Cabaret Voltaire.
CINE CONCERTO. Sonorizzazione live di cinema muto d’avanguardia.
CAMERA 66 in “Cabaret Voltaire”.
Progetto speciale in anteprima per MalatestaShort Film Festival.
Hans Richter – Ghosts Before Breakfast
Hans Richter – Filmstudie
Hans Richter – Rythmus.21
Marcel Duchamp – Anémic Cinéma
Walter Ruttmann - Opus III
Marcel Duchamp - Dreams That Money Can Buy
Man Ray – Les Mystères du Chateau du Dé
Man Ray – L’etoile de Mar
Fernand Leger – Ballet Mecanique
Camera 66
Alessandro Biancani - batteria, samples.
Patrick Altieri - piano, rhodes, synth.
Cristian Altieri - chitarra, efx.
Alex Giatti - basso.
Il Cabaret Voltaire, nato a Zurigo nel 1916, non fu soltanto la culla del movimento artistico del Dadaismo, ma un locale d’intrattenimento dove l’arte e la sperimentazione visiva ebbero la meglio sull’istituzione politica. Il movimento, fondato da Tristan Tzara, proponeva la distruzione artistica istituzionale; l’arte non è una cosa seria, pertanto deve essere ripulita da orpelli che non le appartengono e ritornare così ad una sua forma pura, originale, quotidiana. I dadaisti utilizzavano ogni forma artistica, arrivando a toccare così anche il mezzo cinematografico. Questo a partire dagli anni ‘20 del 900, farà il suo ingresso soprattutto nell’ambiente parigino, contribuendo a creare quel movimento che verrà ricordato come cinema d’avanguardia dadaista. Le pellicole si appellavano al concetto della non-arte, dove l’improvvisazione formale, giochi di forme, decostruzione di oggetti fisici, negavano ogni classificazione teorica ed artistica precedente, risultando provocatori ed anticonvenzionali. Numerosi sono i cortometraggi nati sotto questa esperienza, molti dei quali sconosciuti rispetto alle pellicole più famose, che portano il nome di autori come Marcel Duchamp, Man Ray, Fernand Leger etc.
La quinta edizione del MalatestaShort Film Festival ha presentato al pubblico, nella serata d’anteprima tenutasi il 3 settembre 2021, cinque film del cinema muto d’avanguardia dadaista, risalenti proprio agli anni ‘20 del secolo scorso. Bianco e nero, prospettiva distesa, luci al neon, corpi decontestualizzati, sono solo alcuni dei protagonisti dei fotogrammi filmici, che restano di non facile classificazione anche per il pubblico odierno.
Nell’atmosfera sospesa della Rocca Malatestiana di Cesena, i Camera 66, gruppo ferrarese specializzato nella sonorizzazione di immagini, ha composto in forma originale per il festival una suite, unendo musicalmente i diversi cortometraggi in un’unica opera. I musicisti, nell’ambito del loro progetto intitolato proprio Cabaret Voltaire, hanno composto melodie derivate da ispirazioni, e suggestioni, partite dalla visione dei corti. L’esperienza è stata quella immersiva di una sinergia tra musica e cinema, non visione classica e statica, ma partecipativa e doppia; all’aperto sullo schermo la narrazione per immagini, tutt’intorno la performance degli artisti con i loro strumenti.
Se il cinema è - come ben sappiamo- luogo d’incontro e unione tra arti, solo la collaborazione artistica di diverse personalità, anche in tempi differenti come in questo caso, può produrre visioni avanguardistiche. Noi del Malatesta short lo sappiamo bene!
Cinema du Desert
Cinema du Desert è un progetto nato nel 2009 con una “semplice” missione: portare, su un camion dotato di pannelli solari, il cinema in giro per il mondo, promuovendo l’incontro tra culture diverse; uno stimolo che sentiamo anche noi del MalatestaShort Film Festival. Ecco perché abbiamo voluto invitare il camion itinerante di Cinema du Desert a fare due fermate in collaborazione con noi, durante l’anteprima della quinta edizione del nostro festival.
Dopo un anno di pandemia e di distanziamento sociale sentivamo che ormai era diventata grande la nostalgia di stare insieme e mancava la vicinanza fra persone; grazie alle proiezioni in piazza di Cinema du Desert abbiamo avuto la possibilità di ricostruire il senso di comunità e tornare dopo tanto tempo a stringerci attorno al cinema per scoprire luoghi lontani, esattamente come ha fatto Cinema du Desert raggiungendo i villaggi più sperduti della Mongolia o del Burkina Faso.
Questo è stato il filo conduttore delle due serate: la prima dedicata al Focus Africa; la seconda ai viaggi.
Cinema du Desert
06/07/2022
Un camion-camper, una piazza e la comunità che torna a crearsi attorno al cinema.
Cinema africano con Cinema du Desert
05/07/2022
Cinema du Desert arriva al MalatestaShort Film Festival per portarci storie direttamente dal continente africano.
I film come “ponti fra culture” del Cinema du Desert
05/07/2022
INTERVISTA a Davide e Francesca, che ci raccontano il progetto Cinema du Desert, un camion-camper, chilometri su chilometri macinati, ventisei paesi visitati e migliaia di spettatori raggiunti in tutto il mondo. L’intervista per MalatestaShort Film Festival
Cinema africano con Cinema du Desert
Il primo appuntamento con il Cinema du Desert è stato dedicato alla prima parte del Focus Africa. Nell’Arena di Bora a Borello hanno trovato spazio approfondimenti e storie provenienti da questo affascinante continente. Protagoniste soprattutto le donne, raccontate cercando di superare facili stereotipi.
Agli occhi del pubblico sono stati presentati racconti quotidiani, attuali, con punti di vista prevalentemente femminili e con toni freschi e innovativi. All’Arena di Bora sono arrivati film provenienti da Senegal, Tunisia, Egitto, Uganda, Congo e Kenya, dando vita a una colorata serata, in collaborazione con associazioni locali e con il Mashariki Film Festival del Rwanda. Ringraziamo il suo direttore artistico, il missionario comboniano Fabrizio Colombo per il prezioso aiuto di network internazionale che ci ha permesso di realizzare una selezione intercettando direttamente autrici e autori africani.
Film proiettati nella prima parte del Focus Africa, nel camion cinema du desert:
The window’s muse, di Mamadou Diop, 13’, fiction, 2021 - Senegal
Les Aigles de Carthage, 19’, documentary, 2021 - Italia/Tunisia
Tuk Tuk, di Mohamed Kheidr, 26’26’’, fiction, Egypt
No school, di Ntanda Phoebe, 13’18’’, documentary, 2021 - Uganda
The star, di Kevin Mavakalala, 11’35’’, fiction, 2021 - Congo
Sungura, di Lydia Matata, 19’54’’, fiction, 2021 - Kenya
Cinema dal mondo con il Cinema du Desert
Il Cinema du Desert è arrivato finalmente a Cesena, in una piazza oggi luogo di passaggio, carica di tanta storia cittadina ricordata dalla ciminiera dell’antico stabilimento dell’Arrigoni. Il secondo appuntamento con il camion di cinema itinerante è stato dedicato al cinema dal mondo, con proiezioni legate a doppio filo ai viaggi e agli spazi. Quando in un viaggio gli ambienti diventano scoperte, non esistono sfondi o scenari di sorta: i luoghi del mondo si fanno racconto nonché fulcro della narrazione filmica e i paesaggi diventano suggestioni preziose per nuove avventure. Ad aprire la serata il mediometraggio fuori concorso “K2 y los porteadores invisibles” che in uno scenario mozzafiato ci ha portato a scoprire il coraggio e i sacrifici dei portatori indigeni pakistani, coloro che sfidano i ghiacci portando i pesantissimi zaini per i turisti che scalano il K2. La proiezione è stata realizzata in collaborazione con il festival cileno di cinema indigeno Ficwallmapu.
Augurando nuovi viaggi al Cinema du Desert lo ringraziamo e speriamo di rincontrarci presto!
Film proiettati:
K2, y los porteadores invisibles, di Iara Lee, documental 55’, 2015 - Usa/Pakistan (fuori concorso)
Silk’s balance, di Elise Lorthiois, 3’45’’, experimental, 2021- France
The scrag, di Tomasz Wisniewski, 29’55’’, 2021, documentary - Poland
I film come “ponti fra culture” del Cinema du Desert
Intervista a Davide e Francesca del Cinema du Desert
Cinema du Desert: incontriamo Davide e Francesca – con formazioni diverse, ma uniti dalle comuni passioni per il cinema e per i viaggi – durante l’Anteprima del MalatestaShort Film Festival e in quell’occasione ci hanno raccontato il loro progetto, dalla genesi al rapporto con i film che scelgono di mostrare e all’accoglienza ricevuta, tra cooperazione, scoperte e proiezioni-punti d’incontro.
Com’è nato il vostro progetto?
D: Cinema du Desert è nato nel 2009 nel deserto del Sahara, in Mali, più precisamente vicino a Timbuctu: tutto è cominciato quasi per caso perché, dopo un incidente con il nostro camion, come viaggiatori non ci piaceva fare regali materiali o in denaro alle persone incontrate e, in quella specifica occasione, a chi aveva aiutato noi e il nostro mezzo a disinsabbiarsi per poter riprendere il nostro cammino lungo la pista. Così, visto che le persone erano tante, abbiamo deciso di regalare a tutti una proiezione. Da quel giorno non ci siamo più fermati.
F: Direi che il progetto nasce dall’unione di due passioni, quella per il viaggio e l’avventura e quella per la condivisione dei film e del cinema. Quindi è stata la combinazione di questi due elementi a dare vita a Cinema du Desert.
Una vita in viaggio da allora: dove siete stati in questi anni?
D: Ad oggi credo che siamo stati in poco meno di trenta paesi, in tre continenti, nello spazio (e nell’area geografica) compresi tra la Mongolia e la Costa D’Avorio. Quindi tanta Africa, tanta Asia centrale ed Europa.
Cosa proiettate?
F: Come diceva Davide, abbiamo ideato questo progetto insieme nel 2009; Cinema du Desert nasce perché vuole utilizzare le immagini come uno strumento comunicativo. Ci piace creare dei ponti tra culture diverse. Partendo da questo presupposto, facciamo vedere realtà lontane. Proiettiamo documentari incentrati su temi a cui teniamo molto (dall’ambiente alle condizioni di vita di popoli distanti, all’immigrazione), ma non solo. Opere per far conoscere mondi diversi: ci piace far vedere, ad esempio, la neve nel deserto del Sahara, piuttosto che come vivono in Africa gli abitanti della Mongolia.
Come scegliete i film da far vedere?
F: Quello che scegliamo dipende da dove ci troviamo e dal posto che ci ospita. L’obiettivo è sempre quello di creare dei punti d’incontro davanti a uno schermo e molto spesso sono il luogo e i popoli che incontriamo a guidarci in tal senso. E il registro che si crea varia e si modula di volta in volta: ad esempio, abbiamo proiettato film davanti a un migliaio di persone in Africa, scegliendo documentari sull’immondizia e sui rifiuti, parlando così dell’impatto dell’uomo sull’ambiente. Spesso abbiamo privilegiato film dalle tematiche importanti (mostrando opere, ad esempio, che trattavano di mutilazioni genitali femminili), mentre altre volte abbiamo invece preferito semplicemente creare momenti di puro divertimento; nei campi profughi in Grecia abbiamo deciso di proiettare Charlie Chaplin perché era comprensibile da tutti e perché ha portato un momento di leggerezza dove la leggerezza veramente non c’era.
Tanti temi sociali nel complesso
F: Si assolutamente. Parliamo attraverso i film di temi come – fra gli altri – l’impatto dell’uomo sull’ambiente, le questioni di genere, le mutilazioni genitali femminili, l’immigrazione irregolare.
Ci raccontate qualche esempio di quei “ponti tra culture” che menzionavate prima e che siete riusciti a creare grazie al vostro progetto?
F: In Mongolia abbiamo proiettato un documentario che si intitola Bebè e che racconta il primo anno di vita di quattro bambini nati in quattro cantoni diversi del mondo. Uno di questi piccoli protagonisti è proprio della Mongolia, quindi gli spettatori mongoli potevano rivedere la loro realtà in questo bambino, identificandosi nel contesto mostrato, ma – al contempo – vedere anche le differenze rispetto agli altri, conoscendo pure percorsi di crescita diversi attraverso le esperienze di questi bambini.
D: Quando in Costa D’Avorio abbiamo proiettato film scelti nell’ambito di progetti di comunicazione sull’immigrazione, abbiamo volutamente fatto vedere esattamente cosa accade nel deserto in Libia e cosa significhi entrare in un paese come rifugiato e senza documenti. In generale, le campagne che abbiamo fatto negli ultimi quattro anni in Africa avevano un focus particolare sulle immigrazioni irregolari e si è tentato di favorire la comunicazione di un contesto sociale “altro”, cercando di sensibilizzare soprattutto i giovani che vivono nei villaggi sulla realtà del fenomeno migratorio di tipo irregolare. Raccontando quindi con le immagini che tipo di viaggio aspetta il giovane migrante (dai documenti richiesti nei paesi di arrivo ai mille imprevisti), abbiamo spiegato cosa comporta la condizione di clandestinità.
In Italia che film proiettate?
D: In Italia abbiamo un focus particolare sviluppato in quest’ultimo anno incentrato sull’ambiente e sugli obiettivi dell’”Agenda 2030” che cerchiamo di promuovere sullo sviluppo sostenibile.
In che modo l’aspetto della sostenibilità s’intreccia al vostro progetto?
D: Nel corso di questi quasi tredici anni abbiamo percorso più di 150 mila chilometri con il nostro cinema itinerante e il camion è alimentato a energia solare: dal 2013 sul tetto ci sono dei pannelli appositi. Tra il 2013 e il 2015 il sistema è stato ottimizzato e da allora funziona benissimo: ci permette una autonomia di sei-sette ore grazie alla quale possiamo realizzare le nostre proiezioni ovunque noi siamo, consentendoci quindi di arrivare in qualsiasi luogo, anche dove non ci sono né allacci, né corrente elettrica. Inoltre, il nostro è un cinema green a tutti gli effetti perché le emissioni di CO2 prodotte dal camion vengono poi calcolate e compensate attraverso la piantumazione di alberi.
F: Ci piace azzerare – o cercare di azzerare – la nostra impronta sull’ambiente piantumando alberi e collaborando a nostra volta con altri progetti di cooperazione. C’è quindi anche uno sfondo sociale di più ampio respiro in ciò che facciamo.
Che forme di cooperazione perseguite? Con chi collaborate?
F: Ci teniamo molto a sviluppare piccole forme di cooperazione attraverso programmi specifici. Siamo operativi in particolare in Africa perché è uno dei territori che conosciamo meglio e dove abbiamo appoggi e contatti fin dalla nascita del nostro stesso progetto: già allora infatti chiedemmo delle informazioni dettagliate all’ONG “Bambini nel Deserto” di Modena.
D: L’ONG “Bambini nel Deserto” è stata la realtà che ci ha supportato sempre e da quando siamo nati: ha permesso al nostro progetto di esistere nei primi anni, soprattutto sostenendolo anche economicamente, oltre che a livello motivazionale. Tutto questo è stato reso possibile grazie a loro, anche se, nel tempo, abbiamo comunque incontrato anche tante altre piccole grandi forme di partecipazione. Abbiamo conosciuto e avuto tanti compagni di viaggio (a cui va il nostro grazie) e che, nel corso degli anni, si sono susseguiti e hanno scelto di avvicendarsi al nostro fianco come vicini di cabina e di vita, per periodi lunghi mesi trascorsi in giro per il mondo. Ognuno ha dato il suo contributo alla causa.
Si tratta sicuramente di una causa – di viaggio, di cinema e di scoperte – tanto affascinante quanto totalizzante
F: Questo è un progetto di vita: nel corso degli anni ci siamo migliorati e ci auguriamo di andare incontro a continue migliorie lungo il nostro percorso. Come ci tengo sempre a puntualizzare, noi non siamo un service tecnico. Dentro questo camion c’è una famiglia, c’è una scelta fatta di tanti progetti paralleli in continuo divenire ed è per questo che facciamo ciò che facciamo.
Intervista a cura di Sara Fiori e Valentina Togni, realizzata in agosto 2021.
L’intervista è pubblicata nel catalogo del festival, edizione 2021.
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