Ambiente e trasformazioni
La rappresentazione dell’ambiente tra realtà e distopia
Oggi più che mai parlare di ambiente e delle sue trasformazioni è fondamentale come mai prima nella storia dell’umanità. Siamo giunti a un punto di non ritorno in cui è difficile scegliere la strada giusta da intraprendere per salvare quello che ci è rimasto. Ma sappiamo anche che parlarne ormai non basta più. È necessario agire subito, aumentando in primis la consapevolezza generale dei pericoli a cui andiamo incontro. Tra ribellioni giovanili sempre più frequenti e chi decide semplicemente di ignorare la questione, soluzioni avventate per contrastare l’inquinamento da parte delle grandi multinazionali, green-washing ed effettive prese di coscienza, la questione ambientale è diventato ancora di più anche un problema psico-sociale. Di recente, infatti, è stato riconosciuto un disturbo da ansia, detto “eco-ansia” o ansia climatica, ossia la preoccupazione o paura legata alla questione ambientale con inquietudine verso il futuro. Il disagio accompagna maggiormente le generazioni più giovani, che sviluppano un senso di incertezza pessimistica verso ciò che li aspetta nei prossimi anni.
Tutto questo inevitabilmente influenza il modo in cui l’ambiente viene rappresentato nell’arte e nel cinema, in particolare. L’ansia, il disagio, la frustrazione, il senso di impotenza dilaga nei racconti legati alle trasformazioni ambientali, piegandosi ad esigenze narrative specifiche. È fondamentale, infatti, che se ne parli, ma soprattutto che venga rappresentata la realtà delle cose in maniera oggettiva, stimolando all’azione positiva. Riconoscendo l’importanza primaria del tema, per la 7ª edizione del MalatestaShort Film Festival abbiamo selezionato dei cortometraggi che, attraverso stili e linguaggi differenti, portassero alla riflessione e alla presa di coscienza. Abbiamo perciò notato essenzialmente tre fili conduttori per raccontare la natura e le sue trasformazioni.
Sicuramente il modo più incisivo rimane da sempre quello del documentario che mostra situazioni minori ma di estrema importanza. Infatti, Blue crab (and a wooden camera) ci espone, in maniera parziale - fino a quando non intervengono le forze dell’ordine locali – ma molto cruda, alla realtà di Cabimas, città situata sulle coste del lago di Maracaibo in Venezuela. L’intento iniziale del regista Daniel Martínez era di scattare alcuni ritratti di pescatori, per poi ritrovarsi involontariamente a dover testimoniare un disastro naturale che lascia sconvolti: la fuoriuscita di petrolio da centinaia di torri petrolifere abbandonante ha contaminato le acque del lago, tingendole di nero. Blue crab ci permette di entrare in una quotidianità dettata dall’impotenza di fronte a tale sciagura e la capacità di adattamento dei pescatori, anche in situazioni così estreme.
Allo stesso modo del documentario, anche una fiction – di animazione – può stimolare la consapevolezza dei cambiamenti ambientali. È quello che fa Island, che racconta la storia dell’isola di Nauru (Micronesia) per ricalcare in realtà una storia universale, una vera e propria lezione sulla natura umana, applicabile in tantissimi altri contesti. Il corto ripercorre millenni di storia, dal periodo di massimo splendore dell’isola alla sua caduta a causa dello sfruttamento intensivo delle risorse naturali, portandola alla desolazione.
Una seconda strada percorribile quando si parla di ambiente è quella proiettata al futuro. Infatti, la tendenza più attuale è spesso quella della distopia, immaginando un avvenire non troppo lontano, fatto di paesaggi desolati in cui l’uomo cerca di sopravvivere e adattarsi al meglio delle sue capacità. È un po’ quello che succede nel cortometraggio di finzione Hot Rod, la cui fotografia dai colori caldi ci immerge quasi immediatamente nell’estate 2031, in cui è ambientato. L’industria automobilistica è in crisi e le auto elettriche sono sempre più rare, per cui la domanda sorge quasi spontanea: e se le auto del futuro fossero invece i cavalli? Attraverso la leggerezza della fiction e la spontaneità dei protagonisti adolescenti, il film ci porta a una riflessione più profonda, instillando, da un lato, la sicurezza dello spirito di adattamento insito nell’essere umano; dall’altro, la preoccupazione sempre più pressante per gli anni a venire.
Ma si può anche parlare di ambiente rivolgendo lo sguardo a un passato che è ancora, però, presente. Sulla via dei padri ci apre le porte di un mondo che può sembrare ormai anacronistico, eppure ancora vivo e importante. Il documentario ci introduce alla famiglia Moscariello di Avellino e alle sue tre generazioni, che si scontrano con un presente in cui le loro tradizioni, ben ancorate nel loro “piccolo mondo antico”, sembrano però avere sempre meno importanza. È un racconto sulla valorizzazione dell’uomo, del territorio e dell’animale, un trio che lavora in simbiosi da sempre per la sopravvivenza reciproca.
L’importanza del paesaggio naturale e, quindi, la sua messa in risalto, è infine una terza modalità per parlare di ambiente. In una situazione di catastrofe e disagio, è necessario ricordarsi di quanto la natura sia ancora capace di lasciarci a bocca aperta in positivo.
È quanto succede in Nature Attack, cortometraggio sperimentale che mette in discussione il posto dell’uomo in relazione agli animali e alla natura. Attraverso i tre protagonisti – un uccello, un grillo e un umano – la narrazione procede secondo la struttura della favola, con una morale finale su come l’uomo, anche con i gesti più semplici come un banale bidone della spazzatura, impatti sulla natura e ne cambia inevitabilmente il percorso.
È possibile anche parlare di ambiente senza parlarne direttamente. The Blood Crown è un western la cui narrazione ha poco a che fare con la questione ecologica, ma che comunque sottolinea l’importanza della connessione tra ambiente e personaggio, fino al punto che il territorio è esso stesso protagonista, parte integrante del racconto. Girato interamente in Romagna, The Blood Crown valorizza l’ambiente attraverso una fotografia da cartolina, capace di ricordarci che è ancora possibile meravigliarsi di fronte a un paesaggio naturale.
I FILM
Blue crab (and a wooden camera), di Daniel Martínz-Quintanilla Pérez, 2021, Perù/Venezuela
Hot rod, di Juliette Gilot, 2022, Francia
Island, di Michael Faust, 2022, Israele
Nature attack, di Erik Sémashkin, 2023, Ucraina/Francia
Sulla via dei padri, di Bruno Palma, 2022, Italia
The blood crown, di Federico Cesaroni, 2023, Italia
FAMIGLIA/Relazioni
La rappresentazione della crisi familiare e la rinascita del rapporto
L’universo familiare è immenso e complesso. Le relazioni che vi nascono non sono mai tutte uguali. O tutte felici. Di conseguenza, la loro rappresentazione in campo cinematografico non è mai omogenea: da una versione classica di famiglia felice che affronta congiuntamente le avversità della vita, si passa ai retroscena più complessi, con le difficoltà, divergenze, incomprensioni e drammaticità che questo tipo di relazioni spesso comportano. Tutto ciò permette a questo tipo di cinema di svilupparsi in quanto metagenere, capace di inglobare, mescolare e prelevare elementi da tutti gli altri generi. Si accede così a una dimensione, sì variegata, ma forse più verosimile, che permette una sorta di vicinanza a quella che può essere la realtà dell’ambiente domestico.
Raccontare il vissuto familiare può diventare, a volte, un’esigenza: è la forma primaria dell’organizzazione sociale, che modella e influenza la personalità e le future relazioni dell’individuo all’esterno di tale contesto. La narrazione cinematografica si piega allora a questa urgenza, indagando la natura stessa dei rapporti. È molto più facile, quasi una prassi, rappresentare una crisi familiare che ruota attorno a tradimenti e drammi correlati. Ma come si racconta un disagio interiore, una discrepanza, una mancanza, che finisce per sfociare nell’ambiente familiare, scontrandovisi e influenzandolo inevitabilmente?
Riflettendo sul tema in questione e indagando le diverse espressioni in cui è stato declinato, i film selezionati per la settima edizione del MalatestaShort Film Festival mettono in luce un elemento in comune: la “crisi” familiare, che può assumere diverse connotazioni, non necessariamente negative, e la risposta ad essa come stimolo verso la rinascita personale e la riscoperta del rapporto stesso. Tutto questo spinge inevitabilmente verso il bisogno di onestà nel racconto, che andrà a rappresentare qualcosa di così spontaneo come il rapporto tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli o semplicemente un viaggio all’indietro verso la riscoperta del proprio albero genealogico.
A volte è necessario ripristinare un rapporto perso negli anni in occasione di una perdita, come in An Irish Goodbye. Il film, pluripremiato – tra cui Oscar e BAFTA – e diretto da Tom Berkeley e Ross White, è ambientato nelle campagne dell’Irlanda del Nord e segue la vicenda dei due fratelli Turlough e Lorcan in seguito alla morte prematura della madre. Esplorando il tema della perdita familiare, il film ci permette di osservare da vicino le dinamiche tra due fratelli che si ricongiungono dopo anni. La linea di separazione tra i due è quasi palpabile nei primi minuti del film. Il tentativo di ripristinare un rapporto in declino, divergente da diversi punti di vista e, quindi, di colmare il vuoto tra i due viene rappresentato attraverso i toni della commedia, che agevola l’empatia verso i personaggi in una dinamica familiare con cui ci si può facilmente identificare.
Diverso è quello che succede tra Rosario, noto boss della malavita napoletana, e Antonio, suo figlio, nel documentario Il Posto del Padre. Rosario, dopo trent’anni di carcere, è da poco tornato in libertà. Il suo compito più importante adesso è quello di costruire da zero il rapporto con Antonio, cercando di rimediare agli anni di assenza. L’ombra del passato di Rosario è molto presente e difficile da ignorare; tuttavia, i due cercano un punto di contatto per far sbocciare quel rapporto padre-figlio che non si è mai creato propriamente. Il Posto del Padre pone la questione dei rapporti familiari in una luce diversa, quasi inaspettata, intima e vicina, senza cadere nel cliché.
In Soluzione fisiologica entriamo in una dimensione ancora più profonda e drammatica. Questa volta è la vicenda di due fratelli. È la storia di un uomo costretto a vivere nella paralisi, sia mentale che fisica. Ma è anche la storia di un altro uomo, suo fratello, che se ne prende cura. Quello che ci arriva, superata la realtà del visibile, è l’amore incondizionato tra i due, la forza del legame fraterno che li unisce. Ed è proprio questo il vero protagonista del film, assieme alla volontà di superare i propri limiti per la sopravvivenza quotidiana. È una sfida questa, una lotta, percepibile negli ambienti e nei dialoghi.
La forza di un legame familiare può essere espressa attraverso un viaggio sensoriale alla riscoperta del proprio contesto culturale d’origine. È quello che fa Shubham Sharma con il suo film sperimentale A Family Portrait. Il regista si chiede: come si può descrivere un ritratto di famiglia senza parlare della realtà in cui vivono? Ed è infatti attraverso l’uso, con sguardo intimo, del materiale d’archivio che il regista riesce a ricostruire il suo “ritratto di famiglia”, la realtà delle sue origini. Si tratta di un film auto-etnografico, che prende una piega quasi nostalgica nell’evidenziare il rapporto tra memoria e distanza e l’importanza di questi due elementi nell’esperienza di un immigrato.
Ma c’è anche un modo più divertente, quasi irriverente, di raccontare una relazione familiare, come fa Old tricks. Attraverso l’impiego di quella che Edoardo Pasquini (regista, assieme a Viktor Ivanov) definisce “commedia seria”, il film ci mostra la quotidianità di una coppia di coniugi anziani, ora congelata a causa della pandemia da Covid-19. La coppia risponde alla noia causata dall’isolamento con un insolito gioco a punti. È il tentativo di risvegliare l’interesse, di stimolare l’attenzione, anche se in maniera grottesca, nell’abitudinarietà di una coppia sposata da anni.
Tutti questi punti di vista, esplicitati nei film menzionati, mettono in luce le molteplici declinazioni espressivo-artistiche nella rappresentazione di un rapporto familiare, nonché quelle che sono anche le realtà di questo tipo di relazioni, in cui possiamo, se vogliamo, rispecchiarci. Cadere nello stereotipo è molto facile, ma questi film ci dimostrano come è possibile attuare diversi punti di vista, parlando della stessa cosa in contesti e modalità diverse. Inoltre, ci insegnano come sia quasi sempre possibile ricavare il meglio da una situazione sfavorevole, valorizzandone i punti di forza e apprezzandone le piccole parti. La rinascita allora sembra essere la risposta alla crisi.
I FILM
An Irish Goodbye, di Tom Berkeley, Ross White, 2022, Irlanda
Il posto del padre, di Francesco D’Ascenzo, 2023, Italia
Soluzione fisiologica, di Luca Maria Piccolo, 2023, Italia
A Family Portrait, di Shubham Sharma, 2022, Germania/India
Old tricks, di Edoardo Pasquini, Viktor Ivanov, 2022, Italia/Bulgaria