“YOUNG CINEMA”
Quali sono i temi affrontati dai giovani e dalle giovani registe? Una carrellata di recenti produzioni del cortometraggio affrontano diversi argomenti, come i desideri (di essere sé stessi, di decidere il proprio futuro) messi alla prova con la realtà esterna.

Mercoledì 22 novembre Cesena, cinema Aladdin
Una serata di BCC Romagnolo e Giovani Credito Cooperativo Romagnolo, in collaborazione con MalatestaShort Film Festival.

PROGRAMMA
– Talking cure, di Leo Canali, Italia, 2023, durata 17′ – anteprima regionale
Sono presenti in sala Leo Canali, regista; Stefano De Pieri, direttore della fotografia; Federico Cesaroni, assistente alla camera; Matteo Santi, montaggio; Apollonia Tolo e Arianna Farol, truccatrici.
Dopo la prima assoluta al Pistoia Festival a novembre 2023, il regista forlivese presenta a Cesena il suo ultimo lavoro, montato dal cesenate Matteo Santi.
“Luna, una ragazza sorda, deve fare da interprete in lingua dei segni per una signora coinvolta in una tragica vicenda. Entrando in contatto con il dolore della donna, Luna ripensa a un suo dramma personale, legato alla fine di una relazione sentimentale”

Nature Attack/ House of mice / Golden Sea, di Erik Semashkin, Ucraina, durata 10′
L’autore ha inviato un videomessaggio al pubblico cesenate.
Il giovanissimo regista ucraino (ha 19 anni) costruisce delle ambientazioni (aria, acqua, terra) per i suoi corti che in modo metaforico affrontano l’emergenza della guerra, con uno sguardo anche ai grandi temi ambientalisti ed ecologici.

– Nigredo, di Alberto Magnani, Andrea Pecci, Viola Domeniconi e Isabella Pieroni, Italia,  2023′, durata 10′
Sono presenti in sala Andrea Pecci e Isabella Pieroni
Con l’ironia del grottesco si narra la storia quotidiana di tutti quelli che vivono una vita divisa tra l’ascoltare e l’arginare il silenzio assordante di un bisogno, sempre presente, che ti dice: “ascoltami”.

Millennial, di Eleonora Corica, Italia, 2022, durata 15′
Anna torna a Genova. Nella sua città natale incontra per caso un vecchio amico che la invita a una festa. Lì incontra Sofia, la sua ex migliore amica. Questo incontro fa emergere un senso di intimità, ma anche diverse verità non dette e situazioni irrisolte da anni…

Il fagotto, di Giulia Giapponesi, Italia, 2019, durata 15′
La denatalità sta facendo scomparire una città. Il Governo sta impostando misure urgenti, non solo psicologiche. Le donne che non contribuiscono al futuro demografico del Paese sono viste come un problema da risolvere, per questo ogni anno sono chiamate a dichiarare ad un Ufficio Governativo il motivo per cui non hanno avuto figli negli ultimi dodici mesi.

La serata e i film sono presentati da Matteo Piraccini, collaboratore e selezionatore al MalatestaShort Film Festival e dalla presidente di Albedo aps, che organizza il festival, Isabella Scarpellini

Veicolare messaggi attraverso il cinema fatto dai giovani

Il cinema è cambiato, sia nel modo di farlo che di fruirlo. E questo riguarda tutte le età. Ma un luogo comune estremamente forte è che i giovani siano i maggiori colpevoli della mancanza di creatività e di essere solo meri fruitori del mezzo. Sappiamo però che questo non è propriamente vero, o lo è in parte. Le generazioni più giovani sono, in realtà, attenti osservatori della realtà circostante e assorbono come spugne tutte le vibes, positive o negative, che ricevono dall’ambiente in cui sono immersi. Questo, chiaramente, si riversa inevitabilmente nell’operato di quella parte di società che crea.

Ma cosa vuole dire davvero essere giovani e fare cinema? Per alcuni, significa portare una boccata d’aria nuova e introdurre approcci diversi al modo di fare cinema; per altri, significa riversare nell’arte le paure, le speranze o, semplicemente, certi stati d’animo di quel preciso momento, che risiedono nella mente dei giovani creativi.

Comunque la si veda, è importante, per chi sta dall’altra parte, apprezzare un punto di vista diverso, nuovo, e accoglierlo, comprenderlo. Questo ci dà modo di scoprire un’altra versione del mondo, spesso più triste di quanto si possa pensare, o, a volte, più ottimista verso il futuro. Infatti, se si vogliono afferrare i cambiamenti della società e del cinema stesso, è quasi fondamentale rivolgere lo sguardo alle menti e tendenze giovanili.

Con questo in mente, approcciarsi a una serie di film ideati e realizzati da giovani menti prende una piega diversa – in positivo. Perché, in qualche modo, se si condividono lo stesso punto di vista, la stessa visione delle cose, o, semplicemente, gli stessi timori proiettati sullo schermo, allora è più facile empatizzare con ciò che si sta guardando. Si entra in una dimensione in cui lo spettatore e il film sono la stessa cosa, perché hanno vissuto la stessa cosa, o perché, in maniera del tutto spontanea, si sentono esattamente in quel modo lì.

A questo proposito, i cinque cortometraggi scelti per l’evento “YOUNG CINEMA” sono stati realizzati da giovani artisti e verranno proiettati la sera del 22 novembre – al cinema Aladdin a Cesena – per essere guardati da giovani spettatori. I film toccano le tematiche più disparate, ma sicuramente condividono tutti un elemento comune: un piccolo latente disagio interiore, che sfocia nelle storie raccontate, nei personaggi e negli ambienti rappresentati.

A partire da Talking Cure, cortometraggio di Leo Canali, in cui la protagonista, Luna, è una ragazza sorda che deve fare da interprete in lingua dei segni per una signora coinvolta in una tragica vicenda. Entrando in contatto con il dolore della donna, Luna ripensa a un suo dramma personale, legato alla fine di una relazione sentimentale. Il film sottolinea l’importanza di esprimersi, in un mondo in cui comunicare, invece che arricchire, sottrae e conserva un vuoto tra le persone. Si tratta di un tema attuale e incisivo, se si pensa alla forte esposizione mediatica in cui siamo quotidianamente coinvolti, e la conseguente incapacità di costruire relazioni solide. Risulta così essenziale, nei rapporti con le altre persone, fermarsi ad ascoltare e creare silenziosi punti di contatto con l’altro.

La questione delle relazioni rimanda poi ad un altro cortometraggio – affine, in parte, per tema – ma con una storia completamente diversa. Si tratta di Millennial di Eleonora Corica. La protagonista, Anna, torna a vivere a Genova, la sua città d’origine, dove incontra per caso un vecchio amico che la invita a una festa. Lì, incontra Sofia, la sua vecchia migliore amica: questo incontro porterà fuori un senso di intimità, come se il distacco tra le due non ci fosse mai stato, ma anche una serie di verità non dette e situazioni lasciate irrisolte per anni. Il film mette in luce come le distanze, sia fisiche che mentali, a volte, non riescano a scalfire certe relazioni, come nel caso appunto di Sofia e Anna. Subito si percepisce quella sensazione di un rapporto riallacciato, mentre il tempo sembra essersi fermato all’improvviso per sistemare quelle questioni lasciate appese, compensate da un lungo silenzio. Discostandosi dal tema delle relazioni, ritorniamo a quello dell’incomunicabilità con Nigredo, di Alberto Magnani e Andrea Pecci. Isabella, 26 anni, sta cercando di vivere al meglio la sua vita, ma porta con sé un grosso peso sulle sue spalle, che ogni giorno è reso più difficile dalla solitudine che

caratterizza la sua missione: portare Viola sulla luna. Viola è, invece, l’incarnazione di tutto ciò che qualcuno vorrebbe reprimere, ma che comunque sente bruciare dentro di sé: rimpianti, illusioni e paure irreprensibili. Alla fine, Isabella ascolterà quella voce silenziosa che le chiede di provarci. Nigredo, con i suoi silenzi, è, in effetti, un film che parla molto forte e riguarda tutti coloro che vivono una vita divisa tra l’ascoltare e l’arginare un bisogno. Una sensazione che, se hai vent’anni, ti aggroviglia e ti consuma dentro. La dualità delle due protagoniste di questo cortometraggio, che sono due, ma allo stesso tempo anche una sola, “opposte ma corrispondenti, definite e irrisolte”, è la chiave per comprendere il film stesso, ma anche, a un livello più profondo, quella sensazione di cui implicitamente si parla.

Il fagotto di Giulia Giapponesi, invece, ci porta altrove, in un futuro – non troppo futuro, ma anche un po’ passato – distopico, in un mondo afflitto dalla denatalità. Il governo ha preso, per questo motivo, misure urgenti e non solo di tipo psicologico. Infatti, le donne che non contribuiscono al futuro demografico del paese sono viste come un problema da risolvere e ogni anno sono chiamate a dichiarare all’ufficio governativo il motivo per cui non hanno ancora avuto un bambino. In questo ambiente soggiogante, Bianca e Vittoria sono ai poli opposti del loro tempo fertile e il loro incontro le forza a scegliere in un istante la direzione del loro futuro. Il cortometraggio mette in luce una questione reale, una prospettiva quasi terrificante per alcuni, e lo fa dal punto di vista di una giovane ragazza che vorrebbe solo coltivare la sua passione: suonare il fagotto.

Per ultimo ma non per importanza, proponiamo la trilogia di cortometraggi del giovane regista Erik Sémashkin dal titolo WAR: AIR, EARTH, WATER. Tre brevissime storie toccanti, realizzate senza budget, i cui protagonisti sono dei piccoli animali che lottano per la sopravvivenza in un ambiente sempre più inquinato dall’uomo. L’obiettivo del regista è suscitare certe emozioni nello spettatore e veicolare un messaggio più profondo – la crisi ambientale – attraverso il punto di vista dei piccoli personaggi. Non solo, i tre cortometraggi celano una metafora più inquietante: quella della guerra in Ucraina, paese di origine dell’autore. Due problematiche molto reali, la guerra e l’inquinamento, che terrorizzano le giovani generazioni, minando qualsiasi proiezione ottimistica del futuro.

In conclusione, tutti i cortometraggi hanno qualcosa con cui potersi interfacciare, direttamente o indirettamente. Sono tematiche che, come si diceva prima, toccano più da vicino i timori dei giovani, ma che, in egual misura, possono coinvolgere qualsiasi individuo attraverso l’empatia, che solo il linguaggio universale del cinema può veicolare.